Presentato l’Annuarioambientale dell’Arpat.Nel 2023 il 21,4% dei fiumi toscani raggiunge lo ‘stato ecologico buono’, mentre il 4,3%, ricade in classe ‘scarsa’ o ‘cattiva’; per gli inquinanti dell’aria permangono criticità per il biossido di azoto e l’ozono; il 57% degli impianti produttivi controllati presentano irregolarità, in aumento sul 2022.
Un appuntamento ricorrente che giunge alla tredicesima edizione e rappresenta il risultato di un anno di monitoraggio da parte dell’Agenzia, la mole di dati raccolti da ARPAT racchiusa nell’Annuario, rappresenta infatti un “termometro” per misurare lo stato di salute ambientale nella nostra regione.
Il focus è stato dedicato quest’anno ad uno dei temi più “delicati”: l’acqua e a come il cambiamento climatico incida sulla quantità e qualità delle acque, già impattate dalle attività antropiche.
Nel 2023 il 21,4% dei fiumi toscani raggiunge lo ‘stato ecologico buono’, mentre il 4,3%, ricade in classe ‘scarsa’ o ‘cattiva’; per gli inquinanti dell’aria permangono criticità per il biossido di azoto e l’ozono; il 57% degli impianti produttivi controllati presentano irregolarità, in aumento sul 2022. La qualità delle acque di balneazione è molto elevata nel 95,3% dei casi, ma si registrano criticità legate ai cambiamenti climatici: i casi di superamento dei limiti sono stati 49, in crescita rispetto ai 31 del 2022.
Per quanto riguardo lo studio della popolazione di ittiofauna nei corsi d’acqua, Arpat spiega che il 35% riporta una qualità sufficiente, mentre un 12% ha qualità scarsa e cattiva. Per quanto riguarda, invece, lo stato chimico, risulta buono per il 62% dei fiumi oggetto di monitoraggio e non buono per il 38%.
Nel 2023, l’Arpat ha controllato sette punti di laghi e invasi: tutti raggiungono uno stato ecologico sufficiente, a eccezione del lago di Chiusi. Per quanto riguarda, invece, lo stato chimico risulta buono nell’80% dei punti monitorati. Dal controllo delle acque di transizione (foci dei fiumi) si rileva, spiega Arpat, la presenza di Pfos in quattro punti monitorati; nei sedimenti solo un punto monitorato risulta buono mentre gli altri risultano ‘non buono’ per superamento dei limiti per metalli e pesticidi; nel biota, il risultato è ‘non buono’ per mercurio. Sulle spiagge si registra un incremento “consistente” di rifiuti, plastica e polistirolo.
Un altro capitolo del rapporto è dedicato alla qualità dell’aria: per quanto riguarda il valore limite del PM10 “è stato ampiamente rispettato in tutte le stazioni della rete regionale”, la media annuale più alta è stata registrata alla stazione di traffico di Firenze-Gramsci e la piana lucchese “non ha rispettato il limite relativo al numero massimo (35) di superamenti annuo della media giornaliera di 50 ug/m”. L’ozono, dice ancora Arpat, “non ha rispettato il valore obiettivo per la protezione della salute della popolazione nel 40% delle stazioni della rete regionale”.
Secondo il presidente Eugenio Giani: “l’Annuario Arpatoffre un quadro esaustivo dello stato dell’arte delle matrici ambientali, indispensabile per orientare la capacità di risposta dei decisori, ma anche per accrescere la consapevolezza della popolazione” ““Sono molto soddisfatto- ha concluso Giani – di vedere che per quanto riguarda la qualità dell’aria in Toscana vengono confermati trend di miglioramento anche marcati e anche nelle situazioni storicamente più difficili, come ad esempio nel fiorentino. Questo ci fa capire che le politiche adottate per il contenimento dell’inquinamento hanno dato risultati positivi”.
“L’Annuario di ARPAT – ha detto l’assessora all’Ambiente Monia Monni – è ormai un appuntamento ricorrente per conoscere lo stato dell’arte dell’ambiente toscano, ma anche per comprenderne mutamenti, la capacità di risposta e di resilienza, per capire se le politiche adottate producono gli effetti previsti, se emergono criticità inattese, se l’azione regionale va ripensata o è coerente.
È un termometro importante per misurare lo stato di salute della nostra Regione, tanto più in un momento come quello che stiamo vivendo, tristemente caratterizzato dagli effetti dei cambiamenti climatici. Non possiamo che essere orgogliosi, come Regione, di poter contare su un tale strumento, frutto delle tante competenze e professionalità che operano in ARPAT per difendere e tutelare ogni giorno, con il loro presidio, la ricchezza del patrimonio ambientale della nostra splendida Regione”.
NELL’AUDIO, il direttore generale di Arpat, Piero Rubellini